La salute dell’umanità attraverso gli occhi di Gaia

Negli ultimi decenni, il mondo si gratta, starnutisce, tossisce. Le allergie aumentano ovunque, a qualsiasi latitudine, in ogni fascia d’età. Secondo le proiezioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, entro il 2050 oltre il 50% della popolazione mondiale soffrirà di almeno un’allergia. Non è solo una questione di pollini e polveri: è la fisiologia umana che sembra ribellarsi all’ambiente.

O forse, il contrario.

Le ipotesi più accreditate? L’inquinamento atmosferico, i cambiamenti climatici, l’igiene eccessiva (la cosiddetta ipotesi dell’igiene), il microbioma impoverito, le microplastiche, l’ultra-processamento alimentare. Tutto vero. Tutto parziale. Tutto sintomo, più che causa.

Ma proviamo a guardare il problema da un’altra angolazione. Come se il nostro sguardo fosse quello di Gaia.

Secondo l’ipotesi Gaia di Lovelock e Margulis, la Terra si comporta come un super-organismo in grado di autoregolarsi per mantenere condizioni favorevoli alla vita. Ma se la specie dominante – l’uomo – diventa un elemento disfunzionale, destabilizzante, allora l’organismo reagisce. Non come farebbe una divinità punitiva, ma come reagisce un corpo quando un tessuto cresce in modo incontrollato: lo isola, lo infiamma, lo combatte.

Allergie, pandemie, infiammazioni croniche, burnout collettivi, sterilità crescente: e se non fossero solo “problemi” da risolvere con più scienza, più pillole, più tecnologia, ma messaggi di un sistema che cerca di riequilibrarsi?

Una delle più inquietanti manifestazioni di questo riequilibrio è la crescita esponenziale dell’antibiotico-resistenza. Le stime parlano chiaro: entro il 2050, le infezioni resistenti agli antibiotici potrebbero causare più morti del cancro. Non è solo una crisi sanitaria, è una resa dei conti evolutiva. Dopo aver abusato di antibiotici per decenni – negli ospedali, negli allevamenti, nei prodotti di largo consumo – i microbi ci stanno superando in intelligenza adattiva.

In altre parole: la Terra sta rendendo inefficaci le nostre armi.

Ed è qui che si apre uno spiraglio. Un’ipotesi di contromossa non convenzionale: l’ozono.

L’ozono è una molecola composta da tre atomi di ossigeno. Altamente instabile, eppure incredibilmente efficace come antimicrobico naturale. In condizioni controllate, è in grado di inattivare virus, batteri e funghi, persino quelli resistenti agli antibiotici. È stato utilizzato con successo in alcuni protocolli di medicina integrata, nella purificazione dell’acqua e perfino nella sanificazione degli ambienti ospedalieri e produttivi.

Ma c’è un “problema”: l’ozono non è una compressa. Non crea dipendenza. Non ha effetti collaterali. Non ha un utilizzo ristretto ed iper-specifico. E quindi resta ai margini del discorso medico ufficiale. Inascoltato. O peggio, deriso.

Nonostante le fonti che ne suggeriscono l’efficacia in ambito medico e non solo si stiano moltiplicando. (Salvatore Chirumbolo et al. 2024, Banerjee et al. 2024, Risultati sperimentazione progetto OXIR)

Insieme alle pratiche di agricoltura rigenerativa, gli allevamenti estensivi e l’utilizzo di fonti di energia pulita, l’ozono può rappresentare, a tutti gli effetti, una delle chiavi per una risposta di impatto alle sfide contemporanee relative al clima e alla salute pubblica.

A questo punto, la domanda si allarga: non si tratta solo di curare i corpi, ma di guarire il nostro rapporto con la Terra stessa. E allora torniamo al quadro più ampio...

L’Earth Overshoot Day e la morte della spiritualità intergenerazionale

Nel 2024, l’Earth Overshoot Day – il giorno in cui abbiamo consumato tutte le risorse rigenerabili in un anno – è caduto a fine luglio. Ogni anno si anticipa. Ogni anno, un nuovo record negativo. È come vivere in debito d’ossigeno, ma far finta che basti respirare più forte.

A ben guardare, questo disallineamento non è solo ecologico, ma spirituale. Abbiamo seppellito gli dèi, ma non abbiamo trovato nulla di meglio da mettere al loro posto. Non è la morte della religione organizzata il problema, è l’amnesia collettiva verso quei principi che tenevano insieme passato, presente e futuro. La sacralità della Terra, la responsabilità verso chi verrà dopo di noi, il senso del limite.

Senza spiritualità, non c’è futuro. Solo presente bulimico e un pianeta che cerca di disintossicarsi dall’umanità come se fosse un’infestazione.

Se Gaia è un sistema intelligente e complesso, la crescita illimitata di una parte non è un’opzione, soprattutto se questa crescita non è sostenibile. Così, aumenta la selezione: malattie autoimmuni, stress, sterilità, infezioni farmaco-resistenti. La tecnologia rincorre, propone rimedi.

Ma è una corsa zoppa. Perché ogni volta che vinciamo una battaglia, ne accendiamo altre tre.

La vera domanda non è come vincere contro il pianeta. È come vivere con il pianeta.

E se fossero gli extraterrestri?

E ora, permettiamoci una provocazione. E se non fosse solo la Terra a governare questi equilibri? Se esistessero forze – extraterrestri, criptoterrestri, o interdimensionali – che agiscono su scale che non siamo ancora in grado di misurare?

Gaia stessa potrebbe essere più di un concetto teorico. Potrebbe essere un organismo a tutti gli effetti. Solo non nella concezione standard monistica che la biologia contemporanea occidentale ci ha inculcato.

Nonostante la quasi totalità del mondo scientifico si giri dall’altra parte, gli indizi che suggeriscono l’esistenza di Intelligenze Non Umane affiorano sempre più in superficie, dopo essere stati segretati, studiati e analizzati dalle agenzie di intelligence per decenni.

C’è qualcuno o qualcosa che governa i parametri del clima, delle emozioni collettive, dei grandi spostamenti demografici più dei fattori individuati dagli accademici? Non lo sappiamo. Neppure la scienza lo sa, ma ha imparato a mascherare l’ignoranza con la complessità dei modelli. Corretti ed estremamente dettagliati nella forma, ma spesso ridondanti, vuoti e sbagliati nelle premesse.

Che sia Gaia a difendersi, o che siamo immersi in un gioco cosmico più grande di noi, resta un fatto: l’attuale modello di sviluppo della conoscenza e di progresso va aggiustato. Oltre ad azioni di breve termine, serve un salto di paradigma. Un modello che non sia “antropocentrismo con una spruzzata di verde”, ma umanesimo sinergico con l’ambiente, le altre specie e il senso stesso dell’umanità, attraverso una scienza meno influenzata dal denaro e dalla convenzione, e più aperta a visioni alternative, approcci inter-disciplinari e commistioni con la spiritualità, l’intuizione e la natura della coscienza.

Se siamo davvero immersi in un'intelligenza più grande, la domanda non è solo “cosa possiamo fare?”, ma “chi dobbiamo diventare per ascoltare?”

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Il Vino: Una Storia di Spirito e Cultura01/07/2024